09.10.2023 16:13
VAJONT 60 ANNI. BORDIN: LEZIONE È ASCOLTARE E COINVOLGERE I TERRITORI
Presidente Cr a cerimonia anniversario disastro diga con
Mattarella, Fedriga e Zaia
(ACON) Erto e Casso (Pn), 9 ott - Quel sasso caduto in un
bicchiere e quell'acqua rovesciata sulla tovaglia - per usare la
metafora dello scrittore Dino Buzzati - continuano a interrogare
le nostre coscienze, anche a distanza di sessant'anni dalla
tragedia del Vajont. Lo dimostra la palpabile emozione che si
respirava oggi a Erto e Casso, a pochi metri dalla diga che fu
teatro di una delle più grandi tragedie del Dopoguerra,
catalogata dall'Onu come il più grave disastro ambientale della
storia.
Una cerimonia solenne, alla presenza del presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella, del presidente della Camera
Lorenzo Fontana, del ministro Luca Ciriani, della sottosegretaria
Vannia Gava, dei governatori del Friuli Venezia Giulia,
Massimiliano Fedriga, e del Veneto, Luca Zaia.
All'evento ha partecipato anche Mauro Bordin, presidente del
Consiglio regionale del Fvg, che ha parlato della doppia lezione
del Vajont. "Quell'immane tragedia - ha detto Bordin a margine
della cerimonia - ci deve insegnare a mettere al primo posto la
vita delle persone, ma anche a rispettare la natura. A 60 anni di
distanza quella catastrofe continua a turbare le nostre coscienze
- ha aggiunto il presidente - e deve aiutarci a non ripetere lo
stesso tipo di errore, adottando grande prudenza e meticolosità
quando si progettano e si realizzano opere di questo genere, che
incidono in modo così profondo sull'ambiente naturale".
Il massimo rappresentante dell'Assemblea legislativa ha poi
sottolineato l'importanza "di ascoltare e coinvolgere i cittadini
in questo tipo di scelte. Molto spesso chi vive in un determinato
territorio, specie se fragile come quelli di montagna, ne
possiede una conoscenza profonda, che va anche al di là dei dati
tecnici e scientifici. Dunque l'opinione delle popolazioni locali
non solo è importante, ma in molti casi addirittura determinante
in vista delle scelte da compiere".
Concetti ripresi dai due governatori. "Dobbiamo ringraziare chi è
rimasto qui - ha scandito Fedriga - e supportare chi sceglie di
tornare a vivere in montagna: sarebbe un grave errore abbandonare
queste zone e le comunità che qui orgogliosamente resistono, a
dispetto del calo demografico". Quanto alla tragedia, il
presidente della Regione Fvg ha parlato di "una diga costruita
nel posto sbagliato per interessi economici, monumento
indistruttibile alla memoria".
"Dobbiamo riaffermare - gli ha fatto eco Zaia, rivolgendosi
direttamente al capo dello Stato e ricordando le terribili cifre,
i 270 milioni di metri cubi di roccia, l'onda alta 250 metri e le
1910 vittime - che l'uomo non è invincibile di fronte alla
natura. Signor Presidente, quella del Vajont non fu una tragica
fatalità: il monte che è franato si chiama Toc, che in Veneto
vuol dire pezzo, e tre anni prima c'era stato un altro crollo.
Dunque il disastro non si deve all'incuria, ma al delirio di
onnipotenza dell'uomo".
Dal canto suo, il presidente della Repubblica ha ricordato in
particolare "i quasi 500 bambini che persero la vita",
paragonando l'area del Vajont "a un immenso sacrario a cielo
aperto". Sergio Mattarella ha raccontato che "i soldati del
generale Giampaolo Agosto, allora giovane ufficiale
d'artiglieria, poche ore dopo la tragedia, tenevano gli occhi
fissi nel vuoto davanti a tanto orrore".
Dal capo dello Stato è arrivato anche il via libera a una
richiesta del territorio. "È opportuno - ha detto Mattarella,
interrotto due volte dagli applausi delle autorità politiche,
militari e religiose - che la documentazione del processo
celebrato tanti anni fa rimanga qui. Quei documenti erano stati
raccolti in altri luoghi per finalità giudiziarie, ma oggi
rivestono una finalità di memoria, e quel che attiene alla
memoria deve essere conservato dove la tragedia si consumò, come
monito per evitare altri drammi".
ACON/FA